Anni didattici 2001-2008 – Restauro della navata e delle cappelle della Chiesa di Santa Maria del Rosario (dei Gesuati) a Venezia.

I lavori di restauro che si sono svolti nel corso dell’anno 2008 nella chiesa di Santa Maria del Rosario costituiscono la fase conclusiva di un lungo intervento che ebbe inizio nell’ottobre del 2001, e che ha avuto come oggetto gli apparati lapidei architettonici e decorativi della navata e tutti gli altari.  L’intervento è stato seguito dai restauratori dell’IVBC e dagli studenti del corso.

Cenni storici

La chiesa di Santa Maria del Rosario, più nota come chiesa dei Gesuati, dal nome dell’antico ordine religioso che aveva abitato il sito fino all’arrivo dei Domenicani, costituisce uno straordinario esempio di coerenza stilistica, quasi unico nella città di Venezia.  La sua costruzione infatti venne completata, compreso l’intero apparato decorativo, in circa trent’anni a partire dal 1725, con la supervisione dell’architetto Giorgio Massari.

Egli si ispira nell’ideazione di quest’opera agli esempi palladiani di architettura sacra, in particolare il Redentore e la chiesa di San Giorgio.  L’impostazione della pianta è caratterizzata dalla divisione in tre distinte unità: navata, presbiterio e coro. Cappelle profonde si aprono a tre a tre lungo ciascun lato dell’unica navata. Le murature del vano sono articolate da un ordine corinzio gigante, nella soluzione di semicolonne binate che, nel numero di otto, generano ampie campate e brevi intercolumni.  Le colonne che reggono le vele alternate alle lunette sopra le ampie finestre termali, poggiano su un alto piedistallo.  Il raccordo tra la navata e lo spazio del presbiterio è, infine, caratterizzato da un’ultima coppia di colonne, poste però in diagonale al limite della navata.

Insieme a Massari, in un arco di tempo compreso tra il 1730 e il 1748, lavorano alla decorazione pittorica tre grandi artisti, di tre generazioni diverse, Sebastiano Ricci, Giambattista Piazzetta e Giambattista Tiepolo.   Per quanto riguarda l’apparato scultoreo, i Padri si rivolsero ancora una volta ad un noto artista dell’epoca, lo scultore Gian Maria Morlaiter.

Stato di conservazione

Gli apparati lapidei della chiesa dei Gesuati appaiono in uno stato di conservazione nel loro complesso abbastanza buono.

Visibili sono gli interventi del passato, soprattutto sulle ridipinture degli intonaci, e arrivando a tempi più vicini a noi, netto appare un deposito uniforme di polveri e altre materie non coerenti, accentuato negli ultimi anni da un impianto di riscaldamento ad emissione di aria calda.

Tale deposito interessa tutte le superfici e tutti i materiali dei settori destro e sinistro, si presenta meno accentuato sugli altari a causa della loro esposizione maggiormente protetta e leggermente più consistente nelle zone adiacenti i grandi finestroni nonché le zone in prossimità della grata di uscita dell’aria di riscaldamento.

L’umidità di risalita, fenomeno comune nella città lagunare, unita alle variazioni termoigrometriche danno luogo a quei fenomeni di decoesione e disgregazione dei materiali ben visibili nelle specchiature basse in diaspro di Sicilia e nelle modanature in marmo di Carrara delle mense degli altari.

Nelle pareti, un più antico strato di lavorazione a marmorino è occultato da uno strato di intonachino sovrammesso. Sulla superficie di questo stesso intonaco appaiono diverse ridipinture, con la funzione probabilmente di rendere omogenea la superficie.

Intervento

Come prima operazione si è eseguita una mappatura del degrado di tutte le superfici incluse nel progetto di restauro.  La descrizione delle fasi di intervento riguarderà  tutte le cappelle e i loro spazi circostanti dal momento che le problematiche di degrado le interessavano in egual misura.

La prima fase di intervento è stata la spolveratura di tutte le superfici lapidee con l’ausilio di pennelli morbidi e di una aspirapolvere: durante questa fase sono state ulteriormente verificati stabilità e coesione dei materiali mettendo in sicurezza tutti quegli elementi instabili o parzialmente staccati.

Abbiamo dato inizio alla pulitura vera e propria una volta effettuati alcuni saggi di pulitura, dal momento che risultava fondamentale seguire coerentemente risultati e livelli di pulitura applicati durante gli anni di restauro sempre a cura dell’Istituto Veneto.  L’uso di acqua deionizzata si è dimostrata la scelta più adatta per la pulitura della pietra d’Istria supportata da semplici impacchi di carta giapponese a strati sovrapposti di carta scottex.  Nelle zone vicino alle finestre è stato necessario l’uso di Carbonato di Ammonio.  Gli intonaci sono stati spolverati con morbidi pennelli e puliti dai depositi incoerenti con delle spugne Wishab passate ripetutamente sulla superficie.

Dissesti strutturali nel corso del tempo hanno dato luogo a lacune di giunzione tra blocchi in pietra d’Istria e la loro integrazione ha richiesto la costruzione di una struttura di ancoraggio che non permettesse eventuali cadute di materiale da altezze considerevoli.

Gli altari interni alle cappelle sono stati spolverati e in seguito trattati con degli impacchi di acqua deionizzata.  Il colore bianco acceso del marmo di Carrara ha richiesto una pulitura più approfondita, sempre per adeguare le puliture tra gli altari.  Le superfici del marmo e le specchiature in diaspro di Sicilia erano interessate da applicazioni ripetute di cera ormai invecchiata, soprattutto nelle zone basse,facilmente raggiungibili da terra a scopo manutentivo.  Si è proceduto quindi alla sua parziale rimozione con passaggi di falde di cotone imbevute in solvente organico, talvolta alternate all’impacco di pulitura.

La pulitura di entrambi i pulpiti ha richiesto nella parte bassa in marmo di Carrara una accurata rimozione dei residui anneriti di cera all’interno delle sottili fughe della raffinatissima lavorazione delle modanature.  La parte superiore lavorata in legno e poi dipinta su una preparazione a gesso e colla, è stata pulita dai depositi incoerenti di polvere con tamponcini di soluzione leggermente basica di fiele di bue in acqua.  Alcuni fissaggi di piccole scaglie sono stati effettuati con colletta a base di colla di coniglio.  Qualche integrazione di colore è stata eseguita nelle lacune molto chiare e all’interno del baldacchino.

La pulitura dei bassorilievi di Gianmaria Morlaiter si è dimostrata molto impegnativa: abbondante era la presenza di cera apposta dopo passati interventi di pulitura indubbiamente aggressivi e la lavorazione del materiale con una resa della superficie varia. Si sono impiegate piccole veline di carta giapponese e tamponcini con acqua alternati a solvente.

Alla fine della pulitura, terminate le stuccature, si è concluso l’intervento con una stesura di cera microcristallina su tutte le parti in marmo di Carrara stesa a pennello e successivamente lucidata con panni di cotone.

Alla fine della pulitura, terminate le stuccature, si è concluso l’intervento con una stesura di cera microcristallina su tutte le parti in marmo di Carrara stesa a pennello e successivamente lucidata con panni di cotone.